Un venerdì in giro per la Val Susa

Ho seguito durante tutta la giornata il mio ospite, Valerio. Valerio è un attivista NoTav da ormai 22 anni e a guardarlo bene più che un blecche blocche sembra un elegante lord inglese. La prima uscita in Valle è stata monopolizzata dai media. Come già detto molti giornalisti si trovano in valle e tanti voglio fare servizi. Per dare l’idea del livello di attenzione mediatica: ieri in Valle c’erano giornalisti di: Report, Ballarò, Agorà e perfino una diretta di Italia sul Due e oggi è arrivata Sky per delle dirette. Prima tappa dell’uscita è stata la diretta di Italia sul Due. Stranamente anche questa strampalata trasmissione di gossip attualità presta attenzione alle vicende della Valle, ben venga. Infatti gli attivisti NoTav hanno colto l’occasione per dimostrare le loro reali intenzioni: Manifestare pacificamente con i metodi della disobbedienza civile. Finita la diretta di Italia sul Due, Valerio è stato ricontattato per accompagnare una troupe di Agorà. L’appuntamento con la troupe è a Ramats. Un borgo di Chiomonte proprio sopra il fortino dove dovrebbe sorgere il cantiere. A così poca distanza dallo scempio di fili spinati e blindati afghani, si riesce a cogliere uno scorcio dell’antica vita che si svolgeva in Valle. A Ramats ancora sono rimasti in pochi soprattutto anziani, che ancora continuano a coltivare i pochi metri di terra strappati al bosco e alle rocce. La roccia è la vera anima del borgo: Una roccia grigia dalle linee nette ed affilate. Questa roccia è dappertutto, ci si sono fatte le case, le strade, le stalle e i lavatoi antichi. In un giardino mi imbatto addirittura in un presepe in roccia, un modellino del paese che ogni anno per natale viene allestito come un presepe. Ramats è anche un balcone sulla Valle e su Chiomonte in particolare. Su questo panorama ci affacciamo da un bel prato. L’aria è pungente, facciamo tutti un po’ fatica. Tranne ovviamente i valsusini che continuano imperterriti a spiegare al giornalista dove vorrebbero far passare il TAV, quali montagne dovrebbero essere bucate e soprattutto perché loro sono così contrari a questo progetto. Una signora NoTav di Ramats ci ha accompagnato sul prato e mi racconta un po’ cosa è successo il 3 Luglio qui a Ramats. Mi racconta di esser tornata a casa, trovandola piena di gente che non conosceva. Suo marito aveva visto la gente in difficoltà venire su dal fortino scappando per i sentieri irti, ed ha subito deciso di accoglierli. Per come poteva ha medicato i feriti ed ha offerto dei cioccolatini a chi arriva stremato dalla fuga in salita. La signora si è data subito da fare seguendo l’esempio del marito. Le chiedo un po’ di come era la Valle prima, della modernizzazione forzata, prima dello scempio dell’autostrada e poi delle proteste NoTav. Mi racconta un po’ di come viveva la gente. C’era chi viveva lavorando soprattutto con l’antica centraleidroelettrica, quella che adesso è occupata dai Lince appena tornati dall’Afghanistan. Qualcuno lavorava alla ferrovia. Ma soprattutto tutti avevano un pezzo di vigna e di campo con cui riuscivano a vivere, certo in modo non facile. Le vigne per Ramats sono molto importanti, decorano anche il panorama della Valle guardando giù verso Chiomonte. L’acqua per le vigne, mi racconta la signora, viene da lontano geograficamente ma anche storicamente. Un abitante di Ramats, Romean, nel ‘500 decise di scavare un cunicolo per portare a Ramats le acque dal massiccio del Ambin che fa da spartiacque fra Italia e Francia. Ramats, quindi, ha una sua storia e tutto il territorio circostante. Del resto il museo archeologico e gli scavi archeologici sono proprio sotto di noi, dentro il fortino. Purtroppo però sia il museo sia gli scavi sono stati vandalizzati dalle truppe di occupazione. Gli scavi archeologici, in particolare, hanno subito lo sfregio dei cingolati e dei blindati, ci sono bellamente passati sopra. Guardiamo ora dall’alto il fortino con tutti i furgoni della polizia e come si muovono all’interno del loro fortino. Si decide di andarle a guardarle da vicino le reti e i fili spinati. Ci dirigiamo verso la baita Clarea, il presidio più vicino alle reti. Prendiamo la strada statale 24 per tornare a Susa e poi salire verso Giaglione. Questo percorso semplice quotidiano per tutti gli abitanti della valle, è fitto di posti di blocco. Ben 5 posti di blocco da entrambi i lati della strada in soli 10km di percorso. Lasciamo la statale e prendiamo una sterrata per arrivare alla baita Clarea. L’ultima parte della sterrata la percorriamo a piedi, ed improvvisamente arriviamo al villagio di Asterix&Obelix. C’è la palizzata in legno, c’è il ponte levatoio in legno, ma soprattutto ci sono le case sugli alberi. Lì abitano e passano la notte quelli che hanno il coraggio di rimanere a stretto contatto con il fortino. Scopro che ci sono dei turni di presidio ben precisi: comitati da tutta la Valle si alternano a presidiare il villaggio di Asterix&Obelix. Riprodurre qui un villaggio celtico da cartone animato ovviamente non ha significati militari, ma tutto è molto scenografico ed ironico. Superiamo il villaggio e seguendo la sterrata arriviamo alle famigerate reti. La prima cosa che salta agli occhi è il blindato cingolato dell’esercito tenuto un po’ disparte ma ben visibile. Qui vicino alla rete, gli attivisti hanno creato una baracca, l’estremo presidio. Dall’altra parte della rete: blindati, poliziotti ma nessun operaio e nessun cantiere. Scende il buio e decidiamo di tornare a casa.